La selezione sessuale e la scelta femminile – #SM2 post n. 7

Questo articolo fa parte della pubblicazione integrale sul web di Sesso Motore 2: perché si fa poco sesso. Il saggio che spiega cosa fa girare il mondo e perché vogliamo essere ricchi e potenti invece che felici.


La psicologia evoluzionistica

Prima di illustrare cosa sia la psicologia evoluzionistica occorre ricordare i principi base della teoria della Selezione naturale. Questa teoria è, a grandi linee, universalmente nota. Darwin aveva notato che gli individui di una specie non sono tutti perfettamente uguali ma possono avere delle variazioni. Talune di queste variazioni sono ereditarie. Se, in quello specifico ambiente, la variazione favorisce in qualche modo l’individuo nella lotta per la sopravvivenza, egli avrà maggiore possibilità di riprodursi rispetto agli altri e così i suoi discendenti. Nel corso del tempo i soggetti con la variazione soppianteranno quelli che non l’hanno e alla fine la variazione diventerà una caratteristica propria di tutta la specie. È dunque la pressione esercitata dall’ambiente che, attraverso la lotta per la sopravvivenza che esiste tra i singoli, plasma le specie mediante tante piccole mutazioni che si susseguono nel tempo.
Mentre tutti conoscono la Selezione naturale, meno noto al grande pubblico è il fatto che Darwin, aveva parlato anche di Selezione sessuale (NOTA 5). Lo scienziato non aveva mancato di notare che un individuo per trasmettere la propria variazione ai suoi discendenti deve non solo sopravvivere fino all’età riproduttiva, ma anche concretamente riprodursi. A uno può capitare di avere in sorte la variazione più utile del mondo, che gli rende facilissimo sopravvivere, ma se poi il fortunello non riesce a trovarsi uno straccio di partner con cui avere figli, la sua variazione morirà con lui. Gli individui variati dovevano quindi avere caratteristiche tali da prevalere nella competizione intrasessuale, cioè con membri della sua specie del medesimo sesso che competono per guadagnarsi il diritto ad accoppiarsi (ad esempio, quando ci sono combattimenti tra maschi nella stagione degli amori, possono essere favoriti gli individui più robusti che trasmettono così questa caratteristica ai successori). Ma oltre alla competizione intrasessuale conta anche il successo nella competizione intersessuale, quando la scelta del soggetto con cui accoppiarsi è fatta dall’altro partner. Saranno quindi le preferenze dell’altro sesso per individui aventi o meno certe caratteristiche a selezionare tali caratteristiche come proprie della specie. Darwin aveva notato che di solito sono le femmine a essere più selettive nella scelta del partner, per cui chiamò scelta femminile il processo di selezione intersessuale. In effetti, le femmine in molte specie sono più selettive nella scelta del partner perché hanno un maggiore investimento parentale nei figli. Come illustrato nell’appendice Differenze nell’investimento parentale e nelle strategie riproduttive di maschi e femmine; la diserzione del genitore e i vantaggi dei rapporti occasionali per donne e uomini (titolo precisino ma lungo, che d’ora in poi citerò abbreviandolo nel più evocativo LA LOTTA TRA I SESSI), in diverse specie le femmine investono molte energie e risorse in una gravidanza, mentre il maschio può limitarsi a investirci alcuni spermatozoi (NOTA 6).
Darwin comprese quanto fossero importanti le scelte femminili, basate talvolta su criteri che in apparenza sembrerebbero solo di tipo estetico, come l’aspetto della coda del pavone o la colorazione di alcuni pesci o la varietà del canto degli uccelli, ma non riuscì a spiegare per quali motivi le femmine preferissero i maschi più belli e che vantaggio traessero da questa scelta. Gli scienziati dell’epoca probabilmente non erano disposti a riconoscere che fossero le scelte delle femmine, sesso inferiore, a indirizzare l’evoluzione delle specie. Questa parte della teoria di Darwin rimase quindi ignorata per decine di anni e venne pienamente accettata solo un secolo dopo quando numerosi esperimenti provarono che gli ornamenti di molti animali sono segnali indiretti della loro migliore qualità fisica (solo gli esemplari più validi sono in grado di produrre o mantenere tali ornamenti) (NOTA 7).


La teoria della Selezione naturale di Darwin, espressa nel 1858, ebbe un enorme successo. Gli studi di Mendel sui geni fornirono successivamente una spiegazione chiara delle modalità di trasmissione delle variazioni ai discendenti. La teoria evoluzionistica, che si basava sul successo riproduttivo individuale nel trasmettere i propri geni alla prole (fitness classica), fu rivoluzionata nel 1964 da William D. Hamilton, che propose la Teoria della fitness inclusiva. Premesso che noi condividiamo parte dei nostri geni con i nostri parenti (e tanto più la parentela è stretta, tanto maggiore è la comunanza), secondo la Teoria della fitness inclusiva la selezione naturale promuove le caratteristiche che portano a comportamenti tali da assicurare il successo riproduttivo non solo del singolo individuo ma anche dei suoi parenti portanti il medesimo patrimonio genetico. Questa teoria spiega molti comportamenti altruistici dove un soggetto si sacrifica a favore dei propri simili invece che pensare solo alla propria sopravvivenza. Così le cure parentali, cioè l’investimento che un soggetto fa nei figli, diventano solo un caso particolare del più generale principio del prendersi cura dei parenti che condividono parte dei propri geni. Secondo una visione un po’ estrema di questo principio, i veri protagonisti della lotta evolutiva non sono gli individui ma sono invece i geni che, nella selezione naturale, competono con altri geni fornendo agli esseri in cui “vivono” delle caratteristiche che li avvantaggiano nella battaglia per la sopravvivenza (vedi la Teoria del gene egoista di Richard Dawkins del 1976).


NOTA 5 – “[…] E quindi è possibile che dall’elezione naturale i due sessi siano modificati in relazione alle differenti condizioni di vita, come talvolta succede; oppure che un sesso sia modificato in relazione all’altro sesso, ciò che avviene comunemente. Ciò m’induce a dire poche parole su quella che io chiamo elezione sessuale. Essa dipende non già dalla lotta per l’esistenza, ma da una lotta che ha luogo fra gl’individui del medesimo sesso, e generalmente fra i maschi pel possesso delle femmine. Il risultato di questa lotta non consiste nel soccombere uno dei competitori ma nella poca o niuna discendenza che egli produce.” Darwin C. 1859. The Origin of Species By Means of Natural Selection. London: Murray nella traduzione di Giovanni Canestrini Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza. Edizioni A. Barion della Casa per Edizioni popolari; Sesto San Giovanni (MI), 1933.

NOTA 6 – In via generale, quasi sempre in natura è la femmina che può permettersi di scegliere tra diversi maschi perché è lei che produce i gameti più grandi mentre quelli maschili sono molto più piccoli e meno onerosi da produrre. Ci saranno quindi sul mercato sempre più spermi che uova e i maschi aumenteranno il numero di loro figli se avranno più partner, mentre invece il numero di figli che può avere una femmina non potrà superare il numero delle sue uova. Dato che alle femmine occorre più tempo per portare a termine un ciclo di produzione di ovuli, ci saranno in circolazione sempre molti più maschi fertili che femmine fertili e queste ultime potranno permettersi di scegliere; anzi, fare buone scelte è l’unico modo che esse hanno di migliorare il loro successo riproduttivo dato che devono puntare sulla qualità dei geni dei figli e non sul loro numero. Il meccanismo si inverte nelle specie in cui invece è il maschio che fa il maggiore sforzo parentale e si impegna di più nella riproduzione, come nei pesci ago i cui maschi hanno una tasca addominale per incubare le uova fecondate e come tra alcuni tipi di uccelli in cui le femmine producono più uova di quelle che possano accudire e quindi sono i maschi che impegnano il loro tempo nel covare. In questi casi, se è il maschio a essere la risorsa riproduttiva scarsa, sarà lui a scegliere e le femmine saranno più grandi e aggressive e combatteranno tra loro per conquistarsi il diritto all’accoppiamento. Al riguardo vedi Pilastro pag. 116 e ss. il capitolo “Perché (normalmente) le femmine scelgono e i maschi no.”

NOTA 7 – Sull’importanza della scelta femminile, Pilastro, pag. 116, osserva: “Un enigma che Darwin aveva risolto e che invece è stato rimosso per oltre un secolo. Considerando quanto tempo è stato necessario perché l’idea di Darwin prevalesse, non possiamo non concordare con quanto aveva pessimisticamente scritto Max Planck, a proposito delle nuove idee scientifiche il quale sostiene che una nuova verità scientifica non trionfa perché convince i suoi oppositori e permette loro di vedere la luce, ma perché i suoi oppositori alla fine muoiono e cresce una nuova generazione abituata ad essa.”


Questo articolo fa parte della pubblicazione integrale sul web di Sesso Motore 2: perché si fa poco sesso. Il saggio spiega cosa fa girare il mondo e perché, stranamente, vogliamo essere ricchi e potenti invece che felici. Illustra il contraddittorio rapporto esistente tra il sesso e la nostra società e fornisce risposte ad alcune, legittime, domande:

  • Perché il sesso è così pubblicizzato in questa nostra società e così osteggiato nella sua messa in pratica?
  • Perché ci dedichiamo relativamente poco a un’attività tanto piacevole e che in teoria sarebbe anche priva di costi?
  • Perché nel mondo reale s’incontrano tante difficoltà ad avere piena soddisfazione sessuale?

Il saggio viene pubblicato integralmente sul mio sito; qui l’elenco degli altri post sinora pubblicati. Chi volesse leggerlo su un libro cartaceo o su un ebook può trovarlo in tutti i principali store on line o su come comprare i libri di Sergio Calamandrei


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Sergio Calamandrei

Sergio Calamandrei: vivo a Firenze, dove pratico il prosaico mestiere di commercialista. Mi appassionano scrittura, storia e letteratura. Per saperne di più: www.calamandrei.it/chi-sono-sergio-calamandrei/

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