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La newsletter su Firenze Capitale l’ho creata perché avevo un problema con la mia città; problema che ho constatato essere comune a molti fiorentini.

Quale fosse questo problema  te lo spiego sotto il modulo di iscrizione.

L’iscrizione è gratuita. Invio la newsletter circa una volta al mese. Nei primi due numeri ho parlato della vita quotidiana nel Ghetto, distrutto a fine Ottocento. Nei secondi due numeri, dell’illuminazione pubblica, prima a olio e poi a gas, che creò sempre grandi problemi ai fiorentini. Nel quinto, degli ambasciatori che movimentavano la vita mondana della capitale. Poi, tanti altri argomenti.

Come ho già scritto, fino a qualche tempo fa, avevo un problema con la mia città; problema che ho constatato essere comune a molti fiorentini.
Ero fiero e orgoglioso della storia di Firenze, però, pensandoci bene, ne avevo una conoscenza abbastanza parziale. Ero in grado di illustrare agli amici che la venivano a visitare tanti episodi e aneddoti sul periodo medievale e su quello del Rinascimento, facendo sempre la mia buona figura, ma niente sapevo della Firenze della seconda metà dell’Ottocento, e in particolare del periodo in cui fu capitale (1865-1871).
Al riguardo, avevo poche nozioni, vaghe. Il Re era stato qui per pochi anni, poi i bersaglieri erano entrati dalla breccia di Porta Pia e l’avventura della capitale lungo l’Arno era rapidamente svanita. Tanti saluti e baci.

Ma cosa era successo davvero qui, in quegli anni cruciali? E cosa accadde nel periodo immediatamente successivo, che cambiò in modo radicale il volto della città?
Non ero in grado di spiegare ai miei figli come vivevano i fiorentini di quell’epoca, sospesi tra il passato e la modernità, e avevo solo una idea approssimata di come avesse avuto origine la forma attuale di Firenze, creatasi in quel periodo, del quale si trova traccia ovunque, camminando in città.

Nel 2015, in un momento in cui avevo quasi deciso di abbandonare la scrittura, il carissimo e compianto Graziano Braschi, padre putativo di molti giallisti fiorentini, mi convocò al caffè Paszkowski e, dopo lunga insistenza, mi convinse a partecipare all’antologia Firenze capitale noir, che comprendeva, tra gli altri, Leonardo Gori, Alberto Eva, Parigi e Sozzi, Enrico Solito. Per documentarmi, iniziai a leggere alcuni libri, tra i quali Firenze capitale di Ugo Pesci, una affascinante cronaca dell’epoca che consiglio vivamente a ogni amante della città del Giglio. Mi si aprì un mondo. Non smetterò mai di pensare con gratitudine a Graziano per avermi portato a conoscere questo immenso oceano di temi, episodi e personaggi che mi hanno riportato l’entusiasmo e la voglia di raccontare storie.

Da allora, ho iniziato a leggere e collezionare libri sulla Firenze della seconda metà dell’Ottocento. Contando anche quelli sulla Firenze di altri periodi e sul Risorgimento, adesso ne ho più quasi duecento. Sfogliandoli, scopro sempre nuove curiosità. E moltissime immagini, perché in quel periodo già iniziava a esserci la fotografia.

Adesso, passeggiare per il centro, è ogni volta una avventura affascinante. I palazzi mi parlano, di molti so quando li hanno costruiti.
Se passo da piazza della Signoria, ho ben presente che lì, tra le molte cose che sono successe, ci furono anche le cariche di cavalleria per disperdere i sostenitori di Mazzini e Garibaldi, che il 19 marzo 1866, come tutti gli anni in occasione dell’onomastico dei due patrioti, manifestavano in favore dell’indipendenza e dell’Unità. E cerco di indovinare dove si trovasse il Caffè Cavour, un locale lungo e stretto che aveva un’entrata in Via Vacchereccia e una in Via Calimaruzza. In quel caffè, il luogotenente Martini, seguito da un tamburino, entrò a cavallo e lo attraversò tutto, sortendo dall’altra uscita dopo aver distribuito a destra e a manca piattonate con la sciabola. Il giorno dopo apparvero manifesti da ogni parte, con la scritta “Morte a Cecco Martini austriaco”.
Quando passo all’angolo fra Via de’ Pucci e Via Ricasoli, al Canto delle Cinque Lampade, so che lì c’era la famosa trattoria di Gigi Porco, nota per lo stufatino e il cibreo di rigaglie, frequentata da molti dei Macchiaioli.
Di fronte alle vetrine di Luisa in via Roma, alzo lo sguardo e non posso fare a meno di pensare all’immenso isolato del Ghetto, che si elevava fino a undici piani di altezza.

Voglio condividere tutto questo.

Ho creato una pagina Facebook dove inserisco alcune delle notizie e delle immagini che scopro mano a mano che mi documento per scrivere i miei racconti. Si chiama Firenze Capitale – immagini e storie della Firenze dell’Ottocento . Puoi iscriverti, se non lo hai già fatto; certamente è un modo per incoraggiarmi e mi fa piacere, ma ho constatato che non è il mezzo migliore per riuscire a diffondere le informazioni su Firenze Capitale. L’algoritmo di Facebook mostra infatti i nuovi post di una pagina solo a circa il 3% degli iscritti, a meno che non si paghi per avere maggiore visibilità.

Ho quindi deciso di creare una newsletter in modo di far sapere periodicamente a chi vorrà seguirmi quali sono stati i nuovi aggiornamenti della pagina Firenze Capitale – immagini e storie della Firenze dell’Ottocento e i nuovi articoli pubblicati sulla sezione del mio sito dedicata a Firenze Capitale.
Inoltre, userò la newsletter per diffondere degli aspetti inediti, che non si prestano a essere diffusi su Facebook e sul sito.

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