Come si scrive un haiku

Come si scrive un haiku?

Su questo argomento lascio la parola al mio caro amico Carlo Menzinger che a suo tempo espose quanto segue su un sito letterario.


Pronti per il nostro nuovo gioco?

Dopo i “racconti a tema” vi lancio una nuova sfida. Ancora più difficile. Statene certi. Il nuovo gioco è:

“Scrivi il tuo haiku”

“E che cos’è un haiku?” chiederà qualcuno.

Vogliamo giocare, dunque semplifichiamo al massimo. Diciamo che si tratta di un brevissimo ma intensissimo componimento poetico giapponese.

“Non mi hai detto nulla” insisterà il solito qualcuno. “Come si scrive?”

Una regola che sarebbe fondamentale rispettare (è la più semplice) è che la poesia sia di tre versi di complessive 17 sillabe (5-7-5 sillabe ciascuno).

Oltre a ciò sarebbe bene riuscire ad includere il kigo, cioè il riferimento ad una delle quattro stagioni dell’anno.

Potete poi scegliere tra due stili differenti:

1) presentare il tema della composizione in un verso, sviluppandolo negli altri due;

2) presentare due temi che possono essere in armonia o in contrasto.

Anzi, non l’ho riletto, ma ne ricordavo un terzo: presentare il tema nei primi due versi e ribaltarlo o farlo “esplodere” nel terzo (di fatto è un sottocaso del secondo).

La terza regola dovrebbe essere quella di inserire i quattro elementi (ma ci accontentiamo anche di un paio, no?) chiamati sabi, wabi, mono no aware, yugen.

“Cosa sono?” chiederà il nostro petulante qualcuno.

L’haiku è un kata, cioè una via, con propri percorsi e specifiche caratteristiche.

Dentro il kata dell’haiku c’è il naturalismo lirico dell’animo giapponese, ma anche il furyu, ovvero “il gusto proprio dello zen nella sua percezione dei momenti senza calcolo della vita”, nel quale sono ravvisabili, come elementi strutturali, ”quattro stati d’animo fondamentali”: sabi, wabi, mono no aware, yugen, tra loro strettamente legati, separati solo da sfumature sottili.

Sabi = quieta, intensa solitudine (ma non c’è tristezza in essa, bensì un non attaccamento, una non sovrapposizione del proprio ego agli eventi)

Wabi = il rivelarsi dell’inatteso e profondo senso dell’essere dei gesti più modesti, di ogni piccolo evento

Aware  = il momento del rimpianto e della nostalgia, il senso della transitorietà del tempo e del dileguarsi del mondo, però non è sofferenza cieca, e non va confusa con un senso irreparabile di perdita.

Yugen = il mistero, l’ineffabile, l’inafferrabile.

Ve la sentite di provare? Io l’ho fatto con scarsi risultati ma voi potete fare certo di meglio.

“Come si gioca?”

Normalmente gli haiku non dovrebbero avere titolo ma questo a noi non interessa. Mettetecelo pure e soprattutto includeteci la parola haiku, magari tra parentesi. Questo permetterà agli altri di individuare subito chi partecipa.

E ora…mano alle tastiere e guardia in resta!

Firenze, 31 gennaio 2002

Per molte, complete spiegazioni su cosa siano gli haiku vedi Cascina Macondo

Sergio Calamandrei

Sergio Calamandrei: vivo a Firenze, dove pratico il prosaico mestiere di commercialista. Mi appassionano scrittura, storia e letteratura. Per saperne di più: www.calamandrei.it/chi-sono-sergio-calamandrei/

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