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giovedì, 27 settembre 2007

Nero di Luna - Vichi

Il 25 c’è stata alla Feltrinelli di Firenze la presentazione dell’ultimo libro di Marco Vichi, Nero di luna (Guanda). Conducevano Ranieri Polese e Enzo Fileno Carabba . Quest’ultimo ha duettato tutto il tempo con Vichi portando la serata ad assumere un piacevole taglio quasi cabarettistico.
Della strana dedica che Vichi mi ha fatto, ho già detto nel post del 24 settembre.
Posso aggiungere che un ulteriore elemento di interesse del libro Nero di luna emerso nel corso dell’incontro è dato dal fatto che il protagonista è uno scrittore fiorentino che si isola in una villa in campagna per scrivere un romanzo. Ciò ha dato modo a Vichi di esprimere alcune sue considerazioni sulla scrittura e sul modo in cui si formano le storie. Per quel che lo riguarda, le sue storie si formano via via che egli procede nella scrittura e lui attacca a scrivere senza sapere come la vicenda andrà a finire. Anzi, è spinto a scrivere dalla curiosità di sapere come terminerà la storia. Naturalmente, soprattutto nel caso opere del genere giallo, questo comporta una forte necessità di risistemare vari punti della storia nella seconda stesura, per rendere coerente il tutto.
 
Ho un paio di racconti di cui ho scritto la prima parte e ai quali tengo molto. Attualmente sono fermi perché attendo di capire qual'è il modo migliore per arrivare al finale che ho previsto. Forse mi merita provare il metodo Vichi: dimenticare il finale che avevo immaginato e completarli vedendo cosa viene fuori in via spontanea. Proverò.
 
Dopo la presentazione, chiacchierata con Gori e Nepi sugli editori e sulle problematiche legate alla rendicontazione delle vendite.
A proposito: è cambiata la persona che presenterà con me Un mare di delitti  l’8 novembre alla libreria Melbookstore Seeber di Firenze. Invece di Beatrice Manetti ci sarà Nino Filastò.
Così potrò chiedergli come finisce La proposta (vedi il mio post del 27 aprile 2007).
 
 
postato da: scriverecala alle ore 15:07 | link | commenti (3)
categorie: scrivere, libri, vita vissuta, un mare di delitti
martedì, 25 settembre 2007

Balene Bianche

Balene Bianche (pubblicato nel marzo 2007 dalla Di Salvo Editore) è una bella raccolta di sette racconti ed è soprattutto il primo libro di Sabrina Campolongo, una trentenne lombarda che gestisce il vivace blog www.balenebianche.splinder.com. Nel 2005 uno deisuoi racconti è apparso sulla Writer’sMagazine Italia e un altro ha vinto il concorso letterario Ore contate ed è stato pubblicato sulla relativa antologia, curata da Ibis edizioni. Vari suoi racconti sono presenti in diversi siti nella rete.
Sabrina (so che apparirebbe più professionale dire “la Campolongo”, ma visti i frequenti scambi di commenti tra i nostri due blog mi suonerebbe un po’ strano usare un tono così distaccato), Sabrina, dicevo, scrive davvero bene, e Balene Bianche è un libro che vale la pena di leggere.
A pensarci bene, in definitiva, la divisione dei libri tra quelli che vale la pena di leggere e quelli che non vale la pena di leggere è l’unica davvero rilevante. Come sempre accade in questo genere di valutazioni, ognuno, naturalmente, avrà un proprio soggettivo giudizio su cosa meriti leggere e cosa no.
Tutto ciò premesso, detto questo, ovvero che secondo me Balene Bianche è un libro da leggere, la mia recensione potrebbe anche finire qui.
Il libro e l’autrice meritano però qualche parola in più.
Devo confessare, in via preliminare, di aver provato un certo disagio, in quanto essere di sesso maschile, nel corso della lettura della raccolta. In questi racconti si salvano infatti solo le donne e i bambini. I maschi, quando va bene, appaiono come degli esseri alieni che magari si sforzano di risultare gentili e comprensivi ma che in realtà poco capiscono della sensibilità e del mondo femminile. Mentre leggevo il libro mi pareva di essere preso con gentilezza sottobraccio da Sabrina e di venire educatamente sbattuto fuori di casa, in quanto, sia pur non per colpa specificamente mia, appartenente ad una razza estranea e aliena. Spero che questo sia solo una fase evolutiva di Sabrina perché, a parte ogni altra considerazione, scrivere “contro” la metà dei potenziali lettori non è una bella cosa per un autore. Ho avuto modo di parlare su questo blog dello scarso successo delle scrittrici femminili (esse rappresentano solo circa il 30% del totale autori pubblicati ogni anno in Italia). Mi chiedo se ciò in parte non possa derivare da dinamiche di questo tipo.
Ciò premesso, tra i brani della raccolta ho apprezzato in particolare i racconti “Quasi stregoneria” che descrive un incontro tra due coniugi separati e”Sbagliato Natale” dove viene mostrato un lieve momento di sbandamento di una madre. Sono i due brani più misurati e penso mi siano piaciuti più degli altri proprio perché qui Sabrina Campolongo riesce a indirizzare la forza della sua scrittura verso una visione delle cose un po’ distaccata. Non a caso in entrambi i racconti si parla di passioni già concluse, che magari cercano di riaffacciarsi, ma la cui intensità è ormai stata smorzata dal tempo.
In altri brani della raccolta, invece, e in misura anche maggiore in altri suoi pezzi letti nella rete, Sabrina tratta tematiche che, personalmente, trovo meno stimolanti, anche se di indubbio impatto emotivo. Spesso infatti l’autrice ci mostra persone con fortissimi disagi psichici, dolori insanabili, ferite che non è possibile scordare. Queste tematiche, su cui pure scrivono in tanti, mi attirano poco. Può darsi che sia una mia mancanza di sensibilità o di capacità di immedesimazione. Io preferisco che la sofferenza e il disagio, che certo esistono, non siano il tema espresso centrale della narrazione ma che piuttosto ci vengano rivelati “tramite” la narrazione, ovvero che ci vengono fatti intuire piuttosto che venire descritti espressamente e analiticamente. Ma forse questo è un problema connaturato anche alla forma del racconto che, nella sua brevità, induce lo scrittore ad arrivare subito al punto nodale, talvolta un po’ troppo bruscamente.
Detto questo, Sabrina Campolongo ha un grandissimo talento per la scrittura e io vorrei proprio vederla applicare questa sua capacità in un romanzo, che le fornirebbe maggiori spazi per incanalare la sua passione. E, anche se può sembrare forse un’eresia essendo certo Sabrina una scrittrice di sentimento, vorrei proprio vederla scrivere un romanzo di genere, magari giallo. E questo perché il romanzo giallo, mettendo al centro del meccanismo i fatti e non i sentimenti e le sensazioni, obbliga l’autore a una maggiore disciplina ed evita certi rischi di appesantimento del testo.
Ma devo confessare che qui sto barando perché io so benissimo che Sabrina Campolongo un giallo lo ha già scritto, e anche bello, dato che è stato scelto nel 2000 tra i sei finalisti del premio Alberto Tedeschi (giallo Mondadori). Purtroppo non ha poi trovato una via per la pubblicazione, anzi, e qui la storia si fa affascinante, pare che la versione finale del testo sia anche andata perduta, quasi come certi libri leggendari periti nel rogo della Biblioteca di Alessandria.
Ma sono certo che Sabrina scriverà altre grandi cose.
Mi auguro su temi che più gradisco, ma ciò è solo una questione di mia preferenza personale.
 
postato da: scriverecala alle ore 15:20 | link | commenti (5)
categorie: libri, ho letto
lunedì, 24 settembre 2007

Le Ossa di Dio - 2

Il 20 settembre c’è stata alla Feltrinelli di Firenze la presentazione de Le ossa di Dio, l’ultimo libro di Leonardo Gori, edito da Rizzoli.

Il romanzo è stato presentato dal povero Giampaolo Simi, che, in quanto viareggino, è stato sottoposto per tutta la serata a orgogliose rivendicazioni di grandezza e superiorità di Firenze da parte dei miei vari concittadini intervenuti. In effetti, il libro induceva a questo, dato che è ambientato nel 1504, nel periodo in cui una grande Firenze stava portando avanti i lavori per deviare il corso dell’Arno e assetare così Pisa. Il cantiere era diretto da Leonardo da Vinci e il Primo Segretario della Repubblica era Niccolò Machiavelli. Personaggi storici, quindi, di primissimo piano ma anche protagonisti veri e propri del romanzo di Gori. Leonardo infatti scompare misteriosamente e Machiavelli si dà da fare per ritrovarlo. Il libro è estremamente preciso dal punto di vista della ricostruzione storica e su questo ha garantito Franco Cardini , intervenuto alla presentazione, che ne ha curato, in senso lato, l’editing “storico”. Gori, che con Cardini ha scritto due gialli ambientati durante la seconda guerra mondiale, ha voluto ringraziare l’amico per il suo contributo e lo ha quindi inserito nel suo romanzo come personaggio. Cardini si è quindi scelto un nome, cardinale Francesco da Signa, e poi l’autore ha conferito a questo prelato l’aspetto fisico e caratteriale dell’amico.
 
Tra gli “addetti ai lavori” che conosco, erano presenti Graziano Braschi , Marco Vichi , Daniele Nepi e Roberta Lepri .
 
Graziano Braschi, Daniele Nepi e Roberta Lepri, tra l’altro, insieme anche a Leonardo Gori, partecipano all’antologia di racconti gialli marini Un mare di delitti , edita dalla Laurum, che presenterò insieme a Beatrice Manetti l’8 novembre alla libreria Melbookstore Seeber di Firenze. C’è ancora un po’ di tempo prima di questa presentazione e ci sarà occasione ancora di parlare di questo libro, ma intanto ho iniziato ad anticiparvelo, così mi avvantaggio.
 
Alla presentazione c’era anche Marco Vichi ha appena pubblicato con Guanda un nuovo romanzo, Nero di luna che non ha come protagonista il Commissario Bordelli ma bensì un giovane scrittore fiorentino che si reca in una casa del Chianti per scrivere un romanzo e viene invece coinvolto in una storia inquietante. Il libro sarà presentato alla Feltrinelli di Firenze il 25 settembre alle 18. Ho pensato bene di comprarne una copia e di farmela autografare da Vichi. Lui però non ha gradito il fatto che del suo libro ne abbia acquistato un solo volume mentre del libro di Gori ne avevo comprati tre (ho due compleanni in questi giorni, e quale regalo migliore che un libro autografato dall’autore?). Che dire? Il libro di Gori, che inizia con un migliaio di scimmie assassine che nell’aprile del 1505 sciamano per le strade di Livorno uccidendo e sbranando la popolazione, mi sembrava adattarsi meglio ai gusti di chi doveva ricevere il regalo rispetto al notturno romanzo di Vichi. E non potevo certo comprare anche tre copie del Nero di luna, solo per par condicio.
È andata a finire che Vichi mi ha scritto la seguente dedica “A Sergio (tre a uno per Gori)”.
È una dedica originale, non c’è che dire; magari va a finire che questo volume autografato in modo così anomalo tra qualche anno varrà un mucchio di soldi. Non so se per arricchirmi devo puntare su di questo libro o su La proposta (vedi il mio post del 27 aprile 2007) di Nino Filastò, anch’esso autografato dall’autore, ma che si interrompe a pagina 144 mentre le successive trenta pagine riportano la parte finale di Laura, un’opera del 1943 di Vera Caspary da cui è stato tratto il film Vertigine di Otto Preminger. L'impaginazione anomala rende la copia originale e rara, ma io sono rimasto con la curiosità di sapere come finisce la Proposta. Quando incontrerò Filastò (c'è anche lui nell'antologia Un mare di delitti) glielo chiederò.
 

postato da: scriverecala alle ore 10:03 | link | commenti (5)
categorie: libri, vita vissuta, ho letto, un mare di delitti
mercoledì, 19 settembre 2007

Le ossa di Dio

Domani (20/9/07) andrò alla Feltrinelli alla presentazione dell’ultimo libro di Leonardo Gori, Le Ossa di Dio, edito da Rizzoli.

Leonardo Gori è un autore fiorentino specializzato nei gialli “storici”.  
È inoltre una persona estremamente cortese che malgrado il successo e le importanti pubblicazioni conseguite non si è affatto insuperbito, come talvolta capita.
Le sue storie sono spesso radicate nella Firenze del periodo della seconda guerra mondiale, e per chi è di questa città hanno il pregio particolare di insegnarci qualcosa di più sulla nostra città: com’era e cosa è accaduto esattamente qui nel periodo confuso della guerra (di quei giorni mi è stata tramandata la memoria dai racconti di mio padre, da cui ho tratto il racconto Firenze, 1944. La cena col morto  pubblicato sulla sezione di Thrillermagazine denominata Libri Gialli Camicie Nere e curata da Angelo Marenzana & Daniele Cambiaso. In quella sezione hanno pubblicato racconti, oltre a molti altri, anche lo stesso Leonardo Gori http://www.thrillermagazine.it/rubriche/5077/ e Carlo Lucarelli http://www.thrillermagazine.it/rubriche/4281/ ).
 
Tornando a Le Ossa di Dio, riporto il comunicato relativo a domani. Il libro sarà presentato dallo scrittore Giampaolo Simi.

 
Giovedì 20 settembre 2007
Libreria Feltrinelli  - Via de’ Cerretani, 30/32r Firenze
ore 18:00
 
È ambientato nell’aprile del 1504 Le ossa di Dio (Rizzoli), il nuovo romanzo di Leonardo Gori: un thriller in cui si incrociano, nel paesaggio della Toscana rinascimentale, nientemeno che le strade di Leonardo da Vinci e di Niccolò Machiavelli, nei panni di insolito investigatore.
Tra orde di scimmie assassine, paventate armi di distruzione di massa, lunghe indagini ed efferati delitti, l’inedito statista-detective scoprirà un terribile segreto. Nel sorprendente finale, il personaggio del cardinale Francesco Da Signa è ritagliato su un famoso fiorentino dei nostri giorni: vi inviteremo, in una specie di “gioco di sala”, a scoprire di chi si tratta…
 Sarà presente l'autore

Leonardo da Vinci è scomparso col suo segreto e Niccolò Machiavelli è sulle sue tracce. Il corso della storia è giunto a un bivio…
Livorno, aprile 1504. Il buio nelle strade è più nero, stanotte. Un’orda di scimmie gigantesche, sbarcate da una nave misteriosa, ha invaso la città seminando sangue e terrore tra la gente in fuga disperata. Gli armati non possono arrestarne la forza distruttiva, nessuno capisce da dove arrivino né chi le abbia traghettate fino a violare l’incantesimo rassicurante della notte.
Niccolò Machiavelli e Durante Rucellai s’imbattono nei cadaveri di quattro mori e di un gorilla, e tutti portano i segni inconfondibili
della dissezione: tagli chirurgici attraversano i corpi da cima a fondo, testimoni muti della mano di Leonardo Da Vinci, che però è sparito nel nulla.
C’è un segreto è troppo pericoloso e sono in molti fra gli uomini di Stato e di Chiesa a volersene impadronire. Così Machiavelli, accompagnato dalla bellissima ed enigmatica Ginevra, si avventura tra i miasmi dell’odio alla caccia del più grande genio del Cinquecento...Leonardo Gori, in un thriller vivo e dissacrante, è riuscito a ricreare le atmosfere in bilico del Rinascimento italiano, rivivendone gli intrighi e le ambizioni che lo hanno reso snodo cruciale della Storia dell’umanità.Le ossa di Dio restituisce i decenni travagliati nel cammino verso la Controriforma, opponendo la scienza alla religione, la passione alla morale, la verità all’oscurantismo. I celebri personaggi del romanzo, spogliati della chiave storica e simbolica assunta nei secoli, tornano a essere uomini, assiduamente impegnati nella ricerca inarrestabile, di qualcosa che è forse meglio non scoprire.

Leonardo Gori (Firenze, 1957) si occupa di fumetto e illustrazione da oltre trent’anni. Ha pubblicato per Hobby & Work Nero di Maggio (2000), I delitti del Mondo Nuovo e Il passaggio (2002), La finale (2003), Lo specchio nero e Il fiore d’oro (con Franco Cardini, 2004 e 2006). Nel 2005 è uscito per Rizzoli L’Angelo del fango, ultimo romanzo della serie del capitano Arcieri, che ha vinto il Premio Scerbanenco e il Premio Fedeli..

 

postato da: scriverecala alle ore 14:51 | link | commenti (8)
categorie: libri, vita vissuta
martedì, 18 settembre 2007

Cose da tenere di conto: le venti regole di Van Dine

Il caro Razza, commentando il mio post del 13 settembre ha citato una delle famose venti regole di Van Dine.
 
S. S. Van Dine è lo pseudonimo di Willard Huntington Wright (1888 - 1939), noto autore di gialli statunitense creatore del personaggio di Philo Vance.
I suoi romanzi sono gialli classici, basati sulla razionalità e sulla logica deduttiva e Van Dine ha scritto nel 1928 venti famose regole che dovrebbero essere seguite nello scrivere gialli.
 
Credo che nemmeno i dieci comandamenti siano stati infranti più volte delle regole di Van Dine e, ritengo, a ragione.
Non condivido al 100% quasi nessuna di queste regole e le riporto qui più che altro a titolo di curiosità storico-letteraria.
 
 
1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!
8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".
9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina". Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi stia gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio.
13. Società segrete associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Giulio Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventure.
15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, s'egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione.
17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induce a tradirsi;
c) impronte digitali falsificate;
d) alibi creato grazie a un fantoccio;
e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.
.
Tratto da "Guida al giallo" di R. Di Vanni - F. Fossati, Ed. Gammalibri 1980
Brano trovato su
 http://www.cameragialla.it/authors/vandine20.htm
lunedì, 17 settembre 2007

L'occasionissima del lunedì: nel mio piccolo

Dopo la pausa estiva, torno a postare la mia consueta Occasionissima del lunedì.

Ogni lunedì consiglio infatti ai visitatori del blog uno dei miei scritti presenti sul mio sito ufficiale, se così si può definire, www.calamandrei.it.

L'occasionissima di oggi è una poesia, anche, se, lo dico subito, io non sono affatto un poeta (e lo si vede, commenterà certo qualcuno, dopo aver scorso la piccola parte "poetica" del mio sito).

 La poesia è Nel mio piccolo e inizia così:

Quarant’anni
sono la parola magica
che mi costringe a vivere.

 

giovedì, 13 settembre 2007

Cose da tenere di conto quando si scrive

Dalle letture dei libri che parlano di scrittura ho tratto un promemoria che ho trovato di una certa utilità (anche se resta valida la regola fondamentale: “ogni regola può essere violata”).
Aggiungo alle altre regole (che potete ritrovare sotto il tag: cose da tenere di conto) la seguente:
 
Il famoso esempio di Alfred Hitchcock
 
·       Se mostri due che giocano a carte ed ad un certo punto il tavolo esplode, avrai una sorpresa. Se mostri due che giocano a carte, poi mostri sotto il loro tavolo una bomba che sta per esplodere, avrai suspence.
 
Tutto dipende quindi da quello che si vuole avere.
 
Questa famosa enunciazione di Hitchcock l’ho trovata nel saggio “Elementi di tenebra” di Andrea Carlo Cappi (libro estremamente interessante che commenterò in un prossimo post).
 
Sembra una regoletta banale ma quando ci si trova alla scrivania a dover far “tornare” un racconto o un romanzo di tensione diventa fondamentale.
 
Riflettendo su questo punto, ad esempio, sono riuscito a migliorare (spero) un racconto che sto scrivendo, in cui, semplificando, si narra di una “povera fanciulla” che sta recandosi ignara a un appuntamento con un “cattivone” che, presumibilmente, ne farà strage.
L’idea era quella di mostrare vari episodi della giornata che doveva culminare nell’incontro, in modo da fare emergere il carattere della fanciulla e, molto gradualmente, mostrare la malvagità del cattivone in modo da rendere il lettore prima leggermente inquieto per la sorte della bella, poi sempre più inquieto, man mano che il cattivone si rivelava pericoloso. Ma la rivelazione della natura estremamente malvagia di questo individuo (e le origini di questa malvagità) doveva esplicitarsi solo nell’incontro finale.
Traducendo in termini tecnici, il racconto era basato sulla sorpresa finale.
Ma così non funzionava.
La relativa brevità che deve avere il racconto non permetteva di far crescere adeguatamente la tensione (o, perlomeno, a me non riusciva di ottenere questo effetto). La rivelazione progressiva della malvagità del “cattivone” era difficile a graduarsi in poche brevi scene e correvo due rischi opposti:
1)   far capire subito al lettore la natura del “cattivone” e perdere la sorpresa finale
2)    lasciare bene nascosta la rivelazione finale ma farla cadere dall’alto del tutto inaspettata nell’ultima scena, ottenendo una stonatura, una forzatura, e lasciando nel contempo priva di adeguata tensione la prima parte del racconto.
 
Ho deciso, quindi, di modificare la struttura, abbandonando la sorpresa a favore della suspence.
Fin dalla prima scena quindi mostro subito la natura e la pericolosità del “cattivone”. A questo punto il lettore dovrebbe, in teoria, essere fin da subito in tensione per le sorti della povera fanciulla, e il racconto acquistare suspence.
 
Naturalmente, in realtà, il mio racconto è un po’ più complesso e gli elementi che spero saranno apprezzati dal lettore sono altri, diversi dalla semplice trama. Ma il problema della struttura lo avevo e rischiava di invalidare il risultato finale.
 
La soluzione era banale da un punto di vista tecnico (e usatissima nella pratica: quanti sono i romanzi o i film che si aprono con una bella scena traumatica in cui viene adeguatamente illustrata fin da subito la pericolosità del “cattivone”) e forse prima o poi ci sarei arrivato sulla base dell’intuizione o del ricordo di tanti modelli che l’hanno adottata, ma leggere l’enunciazione di Hitchcock mi ha chiarito immediatamente i termini del problema.
 
E riscrivere il racconto sulla base di una analisi tecnica a tavolino della sua struttura mi ha dato grande soddisfazione.
Mi è sembrato quasi di essere del mestiere.

 


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